martedì 22 marzo 2011

IL NABUCCO DI VERDI: il vero inno italiano?

Nabucco

di Giuseppe Verdi (1813-1901)
libretto di Temistocle Solera, dal dramma Nabuchodonosor di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornu e dal ballo Nabuccodonosor di Antonio Cortesi
Dramma lirico in quattro parti
Prima:
Milano, Teatro alla Scala, 9 marzo 1842
Personaggi:
Nabucodonosor, Ismaele, Zaccaria, Abigaille, Fenena, gran sacerdote, Abdallo, Anna; soldati babilonesi, soldati ebrei, Leviti, vergini ebree, donne babilonesi, Magi, grandi del regno di Babilonia, popolo.

Originariamente era Nabucodonosor , nella partitura autografa di Verdi e nella prima edizione a stampa, ma lo stesso Verdi usò sempre in seguito il titolo abbreviato, Nabucco , per la sua terza opera nonché primo dei numerosi trionfi che segnarono la sua lunga carriera. La storia della composizione di Nabucco mescola romanzescamente verità e fantasia nel libro Volere è potere (1869) di Michele Lessona e nel Racconto autobiografico , presumibilmente dettato da Verdi a Giulio Ricordi nel 1879. Entrambe le fonti ci raccontano, in modo più o meno fantasioso, come l’impresario della Scala, Bartolomeo Merelli, nel periodo successivo alla composizione di Oberto, conte di San Bonifacio , offrì a Verdi un contratto per tre opere da scrivere in otto mesi, tra cui un’opera buffa, Un giorno di regno , che cadde clamorosamente alla prima esecuzione; Merelli non diede peso a questo evento e confermò comunque la sua fiducia in Verdi, offrendogli di musicare un libretto - Nabucodonosor appunto - che era stato rifiutato dal giovane compositore prussiano Otto Nicolai. Per quanto non sia possibile stabilire con certezza quando Verdi mise mano a Nabucco , è stato ipotizzato (Parker) che l’inizio della composizione non sia avvenuto prima del maggio 1841. Prima fonte del libretto di Temistocle Solera è naturalmente la Bibbia, letta nella traduzione di Giovanni Deodati, come testimoniano le citazioni apposte a capo delle varie sezioni del libretto. I riferimenti alla Bibbia riguardano in particolare il regno di Giuda e la sua invasione da parte del re babilonese Nabucodonosor nel 587-586 a.C., quando fu saccheggiato il tempio di Gerusalemme, cui seguì la deportazione dei vinti in Babilonia, dove circa mezzo secolo dopo furono liberati; nel racconto biblico non figurano però né Ismaele - nipote di Sedecia re di Gerusalemme - né Abigaille, e neppure Fenena. Altre fonti più vicine al libretto di Solera sono il dramma francese Nabuchodonosor di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornu, rappresentato nel 1836 al Théâtre de l’Ambigu-Comique di Parigi, tradotto dopo circa due anni in italiano, e il ballo storico Nabuccodonosor di Antonio Cortesi, rappresentato alla Scala il 27 ottobre 1836. Frutto della fantasia di Solera è invece l’amore non corrisposto di Abigaille per Ismaele, che non trova riscontro in alcuna delle fonti citate. 
Se la rielaborazione delle varie fonti operata da Solera non aveva convinto Otto Nicolai, che volentieri aveva lasciato libero il libretto di Nabucco scrivendo che una rabbia perpetua, spargimento di sangue, maledizioni, frustate e omicidi» non erano un soggetto adatto a lui, tale soggetto era stato evidentemente giudicato funzionale allo sviluppo drammaturgico della propria opera da Verdi che, certo del risultato che Nabucco avrebbe sortito, intraprese un braccio di ferro con Merelli al fine di vedere l’opera inserita nel cartellone della stagione di carnevale-quaresima 1842. Per l’impresario non era consigliabile infatti figurare in un cartellone che contemplava nomi di compositori più illustri, quali Donizetti, Pacini, Bellini, e proponeva che si rimandasse l’opera a primavera. Ma Verdi non ci sentiva: secondo quanto narra il Racconto autobiografico , egli insistette caparbiamente per carnevale, anche perché il cast di quella stagione comprendeva il soprano Giuseppina Strepponi e il baritono Giorgio Ronconi. Nonostante le pessime condizioni vocali della Strepponi nel ruolo di Abigaille (condizioni talmente critiche da costituire probabilmente la causa del taglio, a partire dalla terza recita, dell’agonia di Abigaille che chiude l’opera) e le scene e i costumi, raffazzonati alla meglio, l’opera andò in scena il 9 marzo 1842 con un successo tale da venire ripresa settantacinque volte solo alla Scala entro la fine dell’anno. 

Va, pensiero, sull'ali dorate;
va, ti posa sui clivi, sui colli,
ove olezzano tepide e molli
l'aure dolci del suolo natal!
Del Giordano le rive saluta,
di Sionne le torri atterrate...
Oh, mia patria sì bella e perduta!
Oh, membranza sì cara e fatal!
Arpa d'or dei fatidici vati,
perchè muta dal salice pendi?
Le memorie nel petto raccendi,
ci favella del tempo che fu!
O simile di Sòlima ai fati
traggi un suono di crudo lamento,
o t'ispiri il Signore un concento
che ne infonda al patire virtù,
che ne infonda al patire virtù,
che ne infonda al patire virtù,
al patire virtù!

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